lunedì 30 gennaio 2012

GIANNI, CONTINUA A PROTEGGERCI DA LASSÙ

Riflessione di Anna Laura, la moglie del compianto Giovanni Gallo, spirato il 13.01.2012, per un malore improvviso in Afghanistan e letta durante il funerale.

Amo’,
in questo momento molta confusione emerge nel mio cuore. Molte cose vorrei dirti, vorrei chiederti. Tra tutte perché tutto questo è successo? Perché tutto è accaduto lontano da noi, senza poterti abbracciare, stringere ancora una volta?
Il tuo lavoro è sempre stato davanti a tutto, la tua dedizione e abnegazione al servizio non sono servite a dire di "no" a nessuno. E tanto meno a questa chiamata, l'ultima, quella verso l'Altissimo. Non potevi dire di "no" neppure questa volta.
Ebbene, a tutti questi miei dubbi non ho una risposta. Non ho spiegazioni da poter fornire a me, a Fabio, a tutta la famiglia, agli amici e colleghi che adesso si stringono intorno a noi.
Ma tra tutti questi dubbi ho una sola certezza: la consapevolezza che il tuo sguardo, che fino a pochi giorni fa mi osservava dall'Afghanistan, adesso contempla da vicino il volto di Dio. Continua a farlo, a farmi giungere la forza e la serenità perché la tua assenza si trasformi in presenza continua nella nostra vita.
La vicinanza, il "senso di famiglia" che sto respirando insieme con Fabio mi giunge forte e caloroso dai tuoi colleghi dell'Esercito, dalla città intera, da quanti hanno avuto il privilegio di conoscerti. Solo adesso prendo consapevolezza del fine ultimo del tuo carisma, della motivazione che spinge ciascun militare a credere fino in fondo nel vostro lavoro, dentro e fuori dal territorio nazionale. Hai lasciato un messaggio per quanti ancora non credono alla potenza del servizio verso le persone in difficoltà, a costruire un mondo migliore come tu lo sognavi.
Continua a farlo da lassù, perché il tuo esempio rimanga come un modello, un sostegno affettuoso per tutti noi, la traccia esemplare a quanti dedicano, come tu hai fatto, la propria vita per gli altri.

domenica 29 gennaio 2012

ANCHE OGGI IN MIMETICA, SIGNORE

Signore, anche oggi ho messo la mia mimetica.
Dal giorno che i miei cari mi hanno salutato all’aeroporto
vesto sempre la mia mimetica.
Non importa se è l’anniversario del mio matrimonio
o il compleanno del mio caro bambino.
La indosso giorno dopo giorno,
nel mio servizio quotidiano,
tra la polvere e il fango,
nell’ufficio e sull’altana,
per una pizza o una pausa caffè.
Non mi servono altri vestiti,
se non l’uniforme di servizio.
E in questo tempo che passa,
vorrei essere strumento di sicurezza e libertà.
Ho i miei turni, disponibile ventiquattro ore su ventiquattro.
Sparsi in questa terra afghana,
ognuno ha il suo compito, il suo ruolo,
ma tutti vestiamo gli stessi colori,
con dignità e orgoglio,
tutti militi gli uni degli altri,
vigilanti reciproci di vita e di pace.
E quando celebro Te, porto la stola sulla mia mimetica,
la veste liturgica sulla tela con le stellette.
È un grande dono essere un tuo ministro,
è una gioia essere al servizio della Patria e dei suoi custodi,
tra la Parola rivelata e gli ordini impartiti,
tra la Provvidenza divina e la giustizia umana,
tra la Coscienza dell’anima e la responsabilità civile,
tra l’edificazione del Tuo regno e la sicurezza dei popoli.
Signore, anche oggi, in ginocchio davanti a Te,
vesto la mia mimetica.

venerdì 13 gennaio 2012

LA NOSTRA BANDIERA E' A MEZZ'ASTA, SIGNORE

Farah, 13 gennaio 2012
Preghiera in ricordo di Giovanni Gallo

La nostra Bandiera è a mezz’asta, Signore,
segno di un lutto che ci ha colpiti.
Il nostro caro fratello Giovanni, da te amato,
ci ha lasciati improvvisamente:
e nella luce del giorno il buio della notte.
Tu Signore lo hai amato in questa terra,
Tu, o Dio, l’accogli ora nell’eternità.

La nostra Bandiera è a mezz’asta, Signore,
qui nella piana di Farah, in Afghanistan,
in questa terra che egli ha servito
sino al suo ultimo respiro
e che ora gli appartiene
perché ne conserva il ricordo:
nato in terra sarda, spirato in terra afgana.

La nostra Bandiera è a mezz’asta, Signore,
nel pianto per un figlio solare, generoso,
che ha svolto il suo servizio con dedizione e coraggio,
lui che non era un collega, ma un amico,
capace di donarci serenità
e d’infondere pace in ogni situazione.

Ora lo avvolgiamo nella nostra Bandiera, Signore,
per il suo rientro a casa.
Per la sua amata sposa e per il suo caro figlio,
ci vorrà tanta forza
per reggere un incontro senza abbracci, né parole,
espresso solo nel pianto inconsolabile
o vissuto nel silenzio di una memoria.
Noi siamo deboli e sconcertati:
solo Tu puoi donare la pace del cuore
a chi soffre perché ama:
e più ha amato, più il suo dolore è immenso.

Signore, nel tuo mistero il nostro mistero: perché?
Noi staremo vicini a chi soffre,
ma Tu, Signore, mostra la tua onnipotenza:
infondi speranza e coraggio nell’intimo dei cuori feriti.

lunedì 9 gennaio 2012

IL MIO ROSARIO AL COLLO, SIGNORE

Bakwua (Afghanistan), 04.01.2012
Preghiera scritta dopo l'esplosione di un ordigno sul lince condotto da Nicola
Porto sempre il mio rosario al collo e il vangelo sulla tasca sinistra della mimetica:
sono i segni della mia fede e della mia invocazione a Te, o Dio,
e continuamente ti chiedo di custodirmi e proteggermi.
Porto sempre il mio rosario al collo e il vangelo sulla tasca sinistra,
proprio come quel giorno, Signore,
quando rientrando in Base, alle 16.15,
ci investe un boato forte, terribile, inaspettato:
eravamo già passati di là qualche ora prima…
Il nostro Lince, montagna di quintali di ferro,
si solleva improvvisamente  per ricadere sulla sinistra.
Sono attimi di panico, tensione, paura,
che mai avevo provato, Signore.
Osservo il mio corpo, lo scruto lentamente,
sento solo un dolore alla schiena e al collo.
E subito rivolgo la mia preghiera a Te, o Dio:
come faccio in camera, quando nel silenzio della notte
ti prego e penso alle anime buone di Zio Cosimo e Franco,
che ricordo sempre nel tuo infinito cielo.
Confuso, frastornato, aspetto il MEDEVAC,
che puntualmente arriva e l’elicottero mi porta a Farah,
dove i medici americani fanno il gesto di togliere il rosario che porto al collo,
ma capiscono che deve stare ancora lì, ancora in me, segno della tua presenza.
Telefono a casa e chiamo Lei:
una forte emozione coglie Alessandra, la mia futura sposa,
che piangendo mi ripete:
“Sei esploso su una mina, vero? come stai?, come stai?”
Signore, volevo terminare prima la mia missione in Afghanistan,
per preparare al meglio il matrimonio fissato per giugno:
ora anticipo i giorni del mio rientro,
con il mio rosario al collo e il mio vangelo sulla tasca sinistra della mimetica,
sicuro che Tu, Signore, continui a proteggermi.
Sapevo che venire in Afghanistan era dura,
consapevole di un rischio che mi ha preceduto
e che rimane ancora minaccioso.
Oggi, Signore, porto il mio rosario al collo e il mio vangelo sulla tasca sinistra,
domani porterò l’anello al dito, il vestito più bello
e custodirò nel cuore la fierezza di essere sposo della mia amata,
che Tu, Signore, da sempre, hai pensato per me!

domenica 8 gennaio 2012

SONO FUORI PERICOLO, SIGNORE

Bala Murgab, 06/01/2012
Preghiera scritta dopo l'esplosione di un IED nella Cop "Mono", dove è rimasto ferito Andrea.

Svolgevamo la pattuglia a piedi,
un controllo ordinario per noi che stavamo nella COP “Mono”.
Camminavamo verso il paese, che stranamente appariva deserto.
Insieme con noi svolgevano il servizio anche i militari afgani;
uno di loro ad un tratto, con la mano, mi fa dei cenni lenti, continui, decisi.
Io, primo fra i miei, capisco che devo rallentare, fermarmi, stare attento:
“Non stanno scherzando!!”, rispondo agli altri.
Scruto la zona, vedo della terra smossa;
con i binocoli distinguo chiaramente un filo bianco che scende da un muro
e avviso i miei: “C’è qualcosa”.
Immobile prendo il GPS per dare tutte le coordinate: 41SNV 47 619…
e un boato tremendo, enorme m’investe improvviso
e mi brucia il volto che sanguina.
Capisco che sono stato tradito dall’uomo accecato di odio,
ma protetto dai gesti dell’amico afgano e dall'addestramento che mi ha imposto di rimanere alla giusta distanza.
Terrificato, raggiungo gli altri sei compagni,
sicuro di trovare riparo da quella minaccia sotto i miei piedi.
Arrivato alla COP trovo Rossana, che con tranquillità mi pulisce l’occhio tumefatto,
il volto colpito da sassi.
Dal suo sorriso capisco che posso rimanere sereno.
L’elicottero arriva subito per Bala Murgab,
soccorso dai medici americani.
Ora posso chiamare a casa: “Papà sto bene, mamma tranquilla”.
Sono ancora frastornato quando arrivo al Role 2 di Herat,
e sul quel letto d’ospedale realizzo: “Mi sono salvato”.
E il mio cuore che sino ad allora era stato in silenzio,
confuso dal boato e dalla frenesia generale
ora custodisce quel unico e prezioso pensiero:
Grazie Signore, sono fuori pericolo.
Grazie Signore, perché posso ancora vedere e sentire quanto è bella la vita,
scrutare ogni giorno i segni della tua infinita Provvidenza.
Nel giorno dell’Epifania, tu Dio ti sei manifestato ai popoli e mi hai protetto.
E tra la stessa gente afghana, una mano mi ha ferito e una mano mi ha difeso.
Questa volta, davanti al nemico, mi hanno salvato i gesti del fratello afgano.

LA MIA GRAVIDANZA, SIGNORE

  Preghiera scritta da Francesca, mamma di due bellissimi gemellini e moglie di un militare.
In una giornata di primavera la mia vita è cambiata, Signore.                        
Tu, o Dio, quel giorno mi hai fatto un grande dono... hai deciso di mettere nel mio grembo il frutto di un bellissimo amore, ed è iniziato un cammino splendido fatto di scoperte, emozioni e sensazioni bellissime… Quel giorno di marzo, Signore, ho pianto di gioia, e ho ringraziato Te, come non avevo fatto mai.... il mio futuro sposo ha gioito con me; l'emozione è stata tanta, e finalmente iniziava anche per noi un percorso bellissimo...                                                                     
Le settimane passavano e nel frattempo abbiamo saputo che nel mio grembo crescevano due vite e, subito, mio Dio, ho capito che Tu eri stato davvero generoso con me, avevi esaudito i nostri desideri oltre ogni nostra aspettativa. Mi sono chiesta se fossi davvero stata così brava da meritare tanto... Ma è stato un tuo immenso dono.                                                                    
Nel mese di luglio un altro avvenimento tanto desiderato: l'unione con il mio sposo davanti al tuo altare, Signore. Per noi il giorno più importante nel nostro cammino di vita, un giorno reso ancora più speciale dalla presenza della vita che cresceva dentro me...tutto era così magico, proprio come io l’avevo sempre sognato.         
Poi la partenza del mio amore. Lui è un servitore della Patria: doveva andare a portare pace dove pace non c'è. Vivere la fine della mia gravidanza senza lui è stata una dura prova, Signore. Ogni giorno mi rifugiavo in Te, mio unico e grande sostegno, affinché il mio dolore fosse un po’ più sopportabile.                       
E Tu più che mai eri con me ogni giorno, e la tua presenza l'ho sentita soprattutto in quel terribile incidente; quel 26 settembre la macchina è impazzita, un gran rumore, sirene, ambulanze... dopo qualche ora mi ritrovo in un letto d'ospedale con un polso rotto, il viso tumefatto e il pensiero rivolto ai miei figli... saranno ancora dentro me? Il mio viso era rigato di lacrime... il mio pensiero era rivolto alle mie creature, a quei cuccioli che, con tanto amore, stavo cercando di far crescere al meglio. Grazie Signore, perché loro crescevano ancora serenamente dentro me. Ma il mio amore non era con me, era lontano e non sapevo come dirgli quello che era successo. E anche in quella occasione Tu, mio Dio, mi hai dato la forza di trovare le parole giuste per rassicurare il mio sposo.                                              
Il periodo successivo all'incidente, è stato tutto in salita; il dolore era tanto, e soprattutto sentivo la lontananza del mio amato: non c'erano i suoi abbracci la sera e le sue parole dolci che scaldano il cuore... c'era la mia solitudine, i calci nel pancione delle nostre creature; mi mancava la nostra quotidianità, il nostro amarci giorno dopo giorno condividendo ogni cosa insieme.                             
Lo sai Signore, purtroppo il mio sposo non c'era neanche nel momento più bello dove la sua presenza sarebbe stata davvero di conforto, dove la sua mano sulla mia avrebbe reso ancora più magico quel momento: LA NASCITA DEI NOSTRI DUE FIGLI. In quel momento ero sola e il mio pensiero era con il mio sposo, era in Afghanistan: in quella tenda, accanto alla sua branda. Quanto avrei voluto che non perdesse quel attimo di intensa emozione che si prova quando metti al mondo un figlio... Lui non c'era fisicamente, ma era con me nel cuore, era con me in ogni momento... Lui è sempre con me....                                                     
E ora, mio Signore, ancora una volta, ti chiedo di darmi la forza di crescere i miei piccoli senza il papà, dammi la forza anche quando mi sembra di non averne più; dammi la forza, mio Dio, di poterti chiedere sempre aiuto; fa’ che io trovi in te la pace dell'anima, nell'attesa che Orazio faccia rientro nella sua Patria, nella sua casa, con i suoi tre amori, dove non ci sarà più una tenda ad accoglierlo, ma il suo caldo nido; dove potrà distendersi nel nostro morbido letto; dove il nostro amore possa cancellare i momenti tristi che ha dovuto affrontare lontano da noi. 
Grazie Signore.                                                                           
Grazie per la tua immensità e per essere così presente nella nostra vita.           

sabato 7 gennaio 2012

EMIR, PREGO PER TE

  Emir, ex pilota serbo bosniaco del 117° LAP che il 7 gennaio 1992 abbatté un elicottero UE, causando la morte di 4 italiani e un francese. Preghiera scritta dal Col. Livio CIANCARELLA. 

Emir, prego per te.
Non mi è facile farlo, ma devo obbedire ad un richiamo profondo.
Tra poco saranno 20 anni,
da quando quel giorno premesti il grilletto sul tuo MiG,
togliendo la vita a cinque nostri amici e colleghi.
Prego per te,
perché loro non avevano armi
come sapevano anche i tuoi superiori, che ti hanno imposto l’ordine.
Cerco di pensare a ciò che avevi in mente in quell’attimo,
se volevi difendere la tua Patria, o semplicemente eseguire un dovere.
Ma le loro vite? Le loro famiglie? Niente di tutto questo era in te!
Prego per te,
perché ci sono azioni che sono irreversibili,
che decidono dell’esistenza di altre persone e della vita futura;
perché potrei essere al tuo posto un giorno,
pilota tu, pilota io.
Prego per te,
che sei cristiano e che hai pagato col carcere,
il debito della giustizia umana,
nell’attesa della misericordia divina.
Prego per te,
perché ora porti nel tuo fragile corpo quel male incurabile che ti consuma.
Prego per te,
perché il perdono è più forte del rancore e della vendetta,
e perché tuo malgrado, con il tuo gesto, apri il tuo nemico alla speranza,
nel grande disegno di Dio.
Prego per te,
perché non hai ancora chiesto perdono alle famiglie dei nostri caduti,
e per questo, forse, ci vuole più fortezza, della forza delle armi.
Prego per noi,
perché possiamo dare speranza e non toglierla,
perché possiamo donare perdono e non vendetta,
perché possiamo testimoniare una fede universale, che supera i nostri confini.

Emir, ho cercato di ascoltare la voce dentro la mia anima,
ora ascolta anche tu, chi può parlare al tuo cuore.

martedì 3 gennaio 2012

MI HANNO COLPITO, SIGNORE

 All’amico Fabio che sta a Bala Murgab.
Stavo compiendo un sopralluogo tra i miei ragazzi di guardia sulla Cop quando improvvisamente da alcune case vicine si odono degli spari. Sento un semplice formicolio sulla spalla, guardo la mia mimetica: è bucata, c’è del sangue: mi hanno colpito, Signore. Sto bene, ma mi sembra tutto così strano; frastuoni e agitazioni attorno a me, che mi rassicurano e m’incoraggiano.
Si corre verso la FOB, dove i medici sono già stati allertati e pronti ad operare. Dopo un tempestivo intervento mi dicono che va tutto bene, ma non possono togliere l’obice, quella punta di proiettile è rimasta dietro la mia spalla. In elicottero si raggiunge il ROLE 2, dove un’ulteriore analisi medica conferma la diagnosi.
Signore, sono sempre rimasto sereno: grazie. La forza d’animo che è in me, così come tu Signore mi hai creato, mi fanno dire grazie: sono solo ferito,  provvidenzialmente solo ferito. Posso muovere il braccio sentendo solo un leggero fastidio. Potrò ancora abbracciare i miei figli, la mia sposa, accarezzare i loro volti, le loro mani.
Mi dicono che, per ulteriori accertamenti, devo “lasciare l’Afghanistan e fare rientro in Patria” e questo mi rende triste: il mio cuore è con i miei uomini, che non voglio lasciare, con loro sono giunto per portare a termine la mia missione: io conto su di loro e loro contano su di me.
Ma è un ordine: devo rientrare.
Dopo qualche settimana di riposo ecco la notizia che aspettavo: “Se vuoi puoi ripartire”.
Sì Signore, lo sai: “ho due famiglie”. E ora che la mia casa è al sicuro in Patria, devo raggiungere l’altra lontana dimora dove ci sentiamo uniti come fratelli, condividendo le gioie e i dolori di una professione che ci fa sentire sentinelle di libertà e giustizia tra i popoli.
Grazie Signore, perché ho una sposa che non solo mi sostiene e mi capisce, ma con grande coraggio sorregge la famiglia, pensa ai figli: stringendo dentro il cuore le sue lacrime, mi parla con voce rasserenante e mi aiuta a compiere il mio dovere. Sa amarmi e conosce la passione del mio servizio.
Signore, mi hanno colpito, ma non hanno cancellato in me il senso del dovere e la grande determinazione per compiere sempre la missione affidatami.
Signore, mi hanno colpito, ma ancora tu mi proteggi, e custodisci il mio cammino. Ti rendo grazie, mio Dio.
Signore, mi hanno colpito, Aiutami ad essere un testimone riconoscente, anche tra questo popolo afgano. E se uno mi ha colpito, fa che possa portare a tutti una nuova speranza di pace, rendendo più sicura quella terra, dove tu Signore mi hai salvato.

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